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giovedì 25 luglio 2013

lunedì 18 febbraio 2013

Nei giardini che nessuno sa - Renato Zero

Senti quella pelle ruvida
Un gran freddo dentro l'anima
Fa fatica anche una lacrima a scendere giù
Troppe attese dietro l'angolo
Gioie che non ti appartengono
Questo tempo inconciliabile gioca contro di te

Ecco come si finisce poi
Inchiodati a una finestra noi
Spettatori malinconici di felicità impossibili
Tanti viaggi rimandati e già
Valigie vuote da un'eternità
Quel dolore che non sai cos'è
Solo lui non ti abbandonerà... mai, oh mai

È un rifugio quel malessere
Troppa fretta in quel tuo crescere
Non si fanno più miracoli
Adesso non più

Non dar retta a quelle bambole
Non toccare quelle pillole
Quella suora ha un bel carattere
Ci sa fare con le anime

Ti darei gli occhi miei per vedere ciò che non vedi
L'energia, l'allegria per strapparti ancora sorrisi
Dirti sì, sempre sì e riuscire a farti volare
Dove vuoi, dove sai senza più quel peso sul cuore
Nasconderti le nuove, quell'inverno che ti fa male
Curarti le ferite e poi qualche dente in più per mangiare
E poi vederti ridere e poi vederti correre ancora
Dimentica, c'è chi dimentica distrattamente un fiore una domenica
E poi silenzi
E poi silenzi
Silenzi

Nei giardini che nessuno sa si respira l'inutilità
C'è rispetto grande pulizia, è quasi follia
Non sai com'è bello stringerti
Ritrovarsi qui a difenderti
E vestirti e pettinarti sì e sussurrarti non arrenderti
Nei giardini che nessuno sa quanta vita si trascina qua
Solo acciacchi piccole anemie, siamo niente senza fantasie

Sorreggili, aiutali, ti prego non lasciarli cadere
Esili, fragili non negargli un po' del tuo amore
Stelle che ora tacciono, ma daranno un senso al quel cielo
Gli uomini non brillano se non sono stelle anche loro

Mani che ora tremano perché il vento soffia più forte
Non lasciarli adesso no, che non li sorprenda la morte


Siamo noi gli inabili che pur avendo a volte non diamo
Dimentica, c'è chi dimentica distrattamente un fiore una domenica
E poi silenzi
E poi silenzi
Silenzi

lunedì 4 febbraio 2013

Lo spacciatore di carne - Giuliano Sangiorgi

E mi ritrovo in piedi nel corridoio dello Stato del cazzo e faccio per alzarmi, tanto sono pieni i vagoni che ti fanno credere che sia accettabile, anzi, normale, viaggiare in maniera così disumana.
Tanto pieni che, appunto, non pensi sia davvero, poi, così disumano.
Tanto colmi che addirittura credi di viaggiare seduto.
Nessuno è seduto in quest'intreccio, unico e promiscuo, di anime e corpi.
Nessuno si sfiora. O, almeno, in bilico, tutti si cerca di non farlo, per non arrivare a odiare il proprio vicino o l'umanità intera.
Mi muovo cautamente, nel tentativo di superare un simile inestricabile groviglio, ma credo di essere giunto anch'io a odiarla, con tutto me stesso.
E' così difficile farsi spazio tra tutte carcasse sperando di non calpestare i piedi, le mani e la dignità di chi è costretto a viaggiare seduto  per terra, cercando l'incastro perfetto con le sporgenze, ora dell'uomo, ora della bestia metallica.
Dunque, farsi convesso quando tutto intorno appare concavo è la regola aurea del viaggiatore meridionale, emigrante o no.

lunedì 28 gennaio 2013

Il candidato della Manciuria - Richard Condon





Su tre delle pareti erano sparse diverse grandi litografie che ritraevano Stalin e Mao in sette colori, alternate a poster stampati in un vigoroso giallo su nero il cui titolo recitava: BASTA IMITARE!!! e poi il testo: La riproduzione abusiva e l'imitazione dei progetti ostacolano lo sviluppo e l'espansione delle esportazioni. E' deplorevole che nella Repubblica popolare siano stati individuati molti casi di riproduzione abusiva. La riproduzione abusiva lede il prestigio internazionale del popolo cinese, causa il boicottaggio della merce cinese, e fa sì che i progettisti cinesi perdano l'interesse nello sforzo creativo.

martedì 22 gennaio 2013

1984 - George Orwell



Non le sarebbe mai venuto in mente che un'azione potesse essere inutile solo perché priva di effetti pratici. Se amavate qualcuno, lo amavate e basta, e se non avevate altro da offrirgli, continuavate a dargli amore. Quando era scomparso anche l'ultimo pezzetto di cioccolato, sua madre aveva stretto la bambina fra le braccia. Si trattava di un gesto inutile, che non cambiava nulla, non faceva sorgere altro cioccolato dal nulla, non allontanava la morte della bambina, né la propria, ma le era parso naturale compierlo.

venerdì 4 gennaio 2013

About a boy - Nick Hornby


If either of them had real trouble in their lives, they wouldn’t want or need to invent it for themselves, or put pictures of it on the walls